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STRUTTURA del MARXISMO II (seconda parte)

CONSEGUENZE

Materialismo ed economia politica

Il materialismo in quanto visione del mondo contrapposta all’idealismo, ha radici antiche. Nasce nella Grecia classica con Democrito. Si sviluppa successivamente con Epicuro e lo Stoicismo. Si contrappone all’idealismo platonico, di fronte al quale occupa una posizione minoritaria. Rappresenta una corrente filosofica critica rispetto al pensiero delle classi dominanti essenzialmente idealistico, mentre le filosofie materialiste rispecchiano quello delle classi subordinate.
Durante il Medioevo cristiano, epoca prima filosoficamente platonizzante poi aristotelica ma sempre metafisica, il pensiero materialista scompare per riemergere come materialismo moderno dopo la Riforma. In quanto espressione del pensiero borghese combatte non solo lo spiritualismo della Chiesa Cattolica ma anche quello della Riforma, che promuove un ritorno alle origini del cristianesimo. Da questa lotta contro la metafisica nasce il materialismo moderno che trionfa nel Settecento illuminista come pensiero della borghesia rivoluzionaria. Qui si può constatare quale ruolo fondamentale ha svolto lo spiritualismo come avversario con cui dovette misurarsi il materialismo, che in questa lotta approfondì e perfezionò i suoi contenuti per poter contrastare validamente il suo avversario.
Il materialismo moderno è un risultato della vittoria dell’Illuminismo sulla teologia, ma subito si scinde in due correnti. Da una parte un materialismo scientifico orientato verso una impostazione empirista e razionalista e con un proprio strumento di indagine, il metodo scientifico, che rappresenta una sintesi di empirismo e razionalismo. Dall’altra sorge un materialismo umanistico e sociale, ad opera di Helvetius, d’Holbach, LaMettrie, Condillac e altri. Questo materialismo è i il risultato di una evoluzione dell’empirismo inglese verso il sensismo e mette al centro del suo discorso l’uomo concreto, sebbene considerato ancora come individuo isolato ma nell’ambito di una teoria della morale materialista, preparando così il terreno a Marx che considererà l’uomo nei suoi rapporti materiali con gli altri uomini e la natura, rapporti determinati dall’interesse economico, cioè materiali. Tali rapporti generano gli altri rapporti sociali e quando vengono proiettati in ambito storico producono una particolare visione della storia, il materialismo storico. Discorso che è l’esito più maturo della corrente del materialismo sociale. Come tale il materialismo storico può porsi come teoria della storia e può pretendere la qualifica di teoria in quanto il materialismo cui fa riferimento è il materialismo economico. Infatti l’economia assume lo status di scienza proprio in concomitanza al sorgere del materialismo storico, divenendo la sua ossatura fondamentale. Per cui Marx, il fondatore del materialismo storico, può a buon diritto affermare che esso nasce essenzialmente come sintesi tra la teoria politica francese e l’economia politica inglese. Ma per Marx l’elemento unificatore delle due teorie è una terza teoria, da cui trae lo schema generale del movimento storico. Si tratta della filosofia hegeliana, nella quale Marx trova già sviluppata tutta la sua visione della storia, però espressa in termini idealistici. Per cui Marx può assumere il quadro generale della visione storica di Hegel, svolta in termini idealistici, e tradurla in termini materialistici, cioè interpretando i fatti storici in chiave materialista, sulla scorta della scienza economica. Sostanzialmente Marx scorge l’esistenza fra la filosofia hegeliana e il materialismo storico un rapporto duale, per cui è possibile passare da l’una all’altra semplicemente mutando il linguaggio, cioè sostituendo la terminologia idealistica con quella dell’economia politica. E’ questo il noto capovolgimento dell’idealismo hegeliano operato da Marx. Cioè la grande scoperta di Marx è l’aver trovato che l’opposizione tra idealismo e materialismo è essenzialmente linguistica, cioè che in realtà si tratta di un medesimo discorso espresso con due linguaggi diversi. Cioè Marx con il capovolgimento della filosofia hegeliana scopre che tra idealismo e materialismo esiste un rapporto simile a quello che in Matematica è denominato isomorfismo, che costituisce, appunto il rapporto esistente fra due teorie quando si può passare da l’una all’altra semplicemente mutando il significato dei simboli, per cui quello che è stato dimostrato in una teoria rimane immediatamente valido anche nell’altra. Questo fatto permette non solo una grande economia di pensiero, cioè sintesi potenti, ma ha pure un profondo significato concettuale.
Naturalmente in pratica le cose non sono così semplici. Cambiando i concetti cambia l’interpretazione dei fenomeni che vanno considerati da un diverso angolo visuale. Poi nel caso specifico del materialismo vi è il fatto che nel materialismo naturalistico vige la logica formale mentre nell’idealismo hegeliano vale la logica dialettica. Per cui nasce il problema del ruolo della contraddizione nei due sistemi. Infatti ciò che li distingue è il fatto che nell’idealismo la contraddizione è il fondamento di tutto il sistema, perché lì è la fonte del movimento che caratterizza questa logica essenzialmente dinamica, mentre nella logica formale vale, come principio essenziale, la legge del terzo escluso (cioè, per dirla con gli eleati: tra essere e non essere non esiste il medio), per cui l’esistenza in un discorso di una contraddizione invalida tutte le conclusioni che se ne possono trarre. In particolare è possibile dimostrare qualunque asserto. Nel discorso marxiano non solo non è possibile escludere la contraddizione, eredità trasmessa al marxismo dall’hegelismo, ma essa svolge un ruolo essenziale in relazione alla categoria dell’alienazione. Quindi è necessario non solo includere nel materialismo il concetto di alienazione, ma è necessario interpretarlo materialisticamente.

Alienazione e economia politica

Considerando la storia in termini generali si può constatare che si producono vicende intrinsecamente contradditorie che quindi possono essere descritte e comprese solo con strumenti analitici diversi dal metodo scientifico. Si tratta di fenomeni che si verificano essenzialmente in ambito sociale, i quali possono essere trattati solo ricorrendo alla dialettica, pensiero per il quale la contraddizione è parte integrante di un concetto in quanto indice della sua inadeguatezza e quindi della necessità del suo sviluppo storico per divenire vero. Ad esempio l’alienazione come autonomizzazione dei prodotti del lavoro sociale; la divisione del lavoro ottimale come risultato dell’opposizione fra gli interessi egoistici; realizzazione dello scambio tra merci eterogenee nonostante l’assenza di un vero metro comune; rovesciamento del soggetto in oggetto e viceversa, cioè i fenomeni di personificazione dell’oggetto e reificazione del soggetto. In effetti si può rilevare che all’origine di questi fenomeni vi sono fattori in contrasto tra di loro e/(oppure) con il risultato della loro azione, cioè che danno luogo a fenomeni contradditori.
Ma poiché, secondo il materialismo, tutte le formazioni sociali sono condizionate dai rapporti economici di produzione, se queste sono contradditorie è perché lo sono i rapporti di produzione. Infatti la teoria della “mano invisibile”, per la quale il contrasto fra interessi a livello individuale genera a livello generale l’interesse collettivo, che risulta palesemente in contraddizione con le premesse egoistiche. Il feticismo delle merci, cioè la loro personificazione, deriva dalla contraddittorietà del fenomeno dello scambio: infatti qui si è di fronte ad una contraddizione tra valore di scambio e valore d’uso, poiché i prodotti vengono creati per il consumo ma per divenire tali devono prima passare per il mercato e apparire come valori di scambio, che è la negazione del valore d’uso in quanto il fine dello scambio diventa il valore.. Oppure il fatto che l’abolizione dell’alienazione nel rapporto con la natura si risolve in un’altra e più straniante alienazione, quella sociale dovuta al fatto che al fine di uscire dall’alienazione naturale le società umane devono organizzarsi in strutture produttive. Tutte queste contraddizioni particolari hanno in comune il fatto che la loro base è l’economia. Ciò significa che l’economia è intrinsecamente contradditoria. Ma se il mondo sociale nasconde una contraddizione questa deve risiedere in ciò che lo ha prodotto e nel processo di produzione, cioè nei rapporti fra i fattori economici e nel processo di produzione. Infatti considerando la cosa ad un livello più profondo si constata che l’economia è contradditoria perché è il risultato di due fattori tra loro contradditori. Da una parte l’interesse generale in cui il rapporto di produzione si manifesta come cooperazione nel lavoro sociale, quindi come razionalità economica, e di conseguenza come appropriazione e consumo collettivo del prodotto. Dall’altra l’interesse particolare, che si oggettiva come attività e appropriazione individuale del risultato, in cui il rapporto di produzione si manifesta in forma conflittuale nella concorrenza e nel consumo esteriormente alla dimensione sociale. Questi due fattori pur essendo in contraddizione sono entrambi necessari allo svolgimento dell’attività economica. Il primo per la realizzazione completa delle facoltà umane, quindi per ottenere con i mezzi disponibili il risultato migliore, il secondo per la mobilitazione delle energie umane, che considerate nella loro immediatezza sono energia individuale. Infatti il primo fattore costituisce l’aspetto razionale dell’economia, il secondo l’aspetto sopravvivenziale. Ma se tali fattori sono entrambi necessari per la realizzazione della pratica economica al contempo sono in conflitto in quanto ciascuno ostacola l’azione dell’altro. Infatti l’iniziativa individuale è frenata dai vincoli organizzativi, quella collettiva dalla iniziativa individuale scoordinata rispetto l’azione collettiva. Da qui la contraddizione che domina l’economia. Essa sorge in due modi che conducono alla stessa alienazione. Se predomina l’interesse generale come fattore assoluto il funzionamento dell’economia prende la forma di una struttura sociale gerarchica ed autoritaria. Ma ciò fa sì che il mondo sociale, costruito dagli uomini per soddisfare le proprie esigenze venga posto e percepito come una entità compatta, incontrollabile e ostile, dimenticando che è opera sociale prodotta per la società. Oppure, se prevale come fattore assoluto l’interesse individuale, si perviene ad un mondo dominato dall’anarchia sociale, in cui ciascuno si chiude nell’autosufficienza e accetta il principio della concorrenza, che pone ciascun produttore contro tutti gli altri. In tal modo in entrambi i casi si perviene al fraintendimento che li comprende tutti: considerare il mondo umano come se fosse parte del mondo naturale e rapportarsi con esso come nel mondo naturale, cioè secondo il principio “mors tua vita mea”. Ciò equivale a non comprendere che la società umana è un prodotto dell’attività degli uomini. Qui il trionfo della razionalità produce il suo opposto. Alienazione ‘ lato sensu’ è non rendersi conto di ciò e la falsa coscienza che porta a questa percezione è la coscienza alienata. Qui si manifesta già la prima grande contraddizione: il superamento dell’alienazione naturale invece di portare all’abolizione dell’alienazione apre la strada ad una nuova alienazione, per molti versi peggiore della precedente, l’alienazione sociale.
Questa si manifesta secondo due modalità apparentemente opposte. Infatti nascono i due tipi fondamentali di società alienate, la società mercantile e la società burocratica. In ciascuna di esse le contraddizioni particolari assumono forme peculiari. Lo scambio del soggetto con l’oggetto nelle società mercantile assume la forma del feticismo delle merci, mentre nella società burocratica la forma è quella della personificazione dei mezzi di produzione. La causa reale del feticismo è l’accettazione da parte dei produttori indipendenti della libera concorrenza, cioè della instaurazione fra di essi di rapporti egoistici. Mentre la personificazione deriva dall’uso dei mezzi di produzione per fini egoistici in una struttura di rapporti di produzione fondata sulla cooperazione. Poiché gli effetti della prevalenza dell’interesse individuale sono molteplici, nel “mercato perfetto”, come si è già visto, l’irrazionale prevalere degli interessi particolari genera spontaneamente la divisione del lavoro ottimale, che è l’espressione dell’interesse collettivo. Questa contraddizione è comune a tutte le società mercantili, ma il capitalismo sviluppa una contraddizione che gli è peculiare. Nel tentativo di conciliare questi due fattori il capitalismo viene trascinato a creare la sua fondamentale contraddizione, quella che lo caratterizza e che scomparirà solo con la sua fine. Si tratta del fatto che nella divisione del lavoro capitalista si ha da una parte una socializzazione completa del lavoro realizzata attraverso la divisione del lavoro manifatturiera, che raggiunge con il taylorismo il suo massimo sviluppo, e dall’altra una appropriazione individuale del prodotto.

Conclusione

In conclusione se il mondo dell’economia viene sviscerato fino in fondo si può constatare che esso è un intrecciarsi di contraddizioni che producono inevitabilmente in coloro che lo hanno creato una falsa coscienza che impedisce loro di trarne i benefici in vista dei quali esso era stato costruito. Si tratta di una varietà incredibilmente estesa di false percezioni di quello che è il mondo reale in cui si sviluppa la storia umana, percezioni che è necessario cancellare. Ma la base di tutte queste distorsioni della coscienza è l’economia. Quindi per riformare e trasformare le coscienze è necessario cominciare dalla loro origine, il lavoro sociale e pertanto dai rapporti sociali di produzione in cui il lavoro sociale si concretizza. Le diverse forme di alienazione sono inviluppate le une con le altre e tutte insieme possono essere fatte risalire alla contraddizione sociale fondamentale del lavoro sociale, quella tra interesse generale e interesse individuale. Me se questo è vero in astratto nel concreto delle diverse alienazioni particolari e le contraddizioni specifiche che ne sono l’origine, è necessario agire nello specifico, perché l’alienazione generale è difficile da cogliere nella sua astrazione, ma diventa concreta nelle sue espressioni particolari. Lì è possibile afferrarla nelle sue implicazioni e colpirla a morte.


Valerio Bertello
Torino, 21 maggio 2015